giovedì 30 ottobre 2014

Il Giovane Favoloso

Come praticamente chiunque negli ultimi mesi, anche io devo scrivere una recensione sul film di Mario Martone: lo faccio perché la mia latente ossessione per Giacomo Leopardi è fuoriuscita da tutti i pori e adesso rischio di non contenerla più come un tempo.

Ho sempre amato la letteratura italiana, un po' perchè la mia passione per le lettere mi ha sempre aiutata a coltivare quella per la scrittura e un po' perchè, fortunatamente, la mia professoressa di letteratura latina e italiana al liceo aveva le contropalle.

Come tutti ho un ricordo indelebile di Leopardi: chi non conosce, se pur a grandi linee, la storia della sua gobba? Nella vita di uno stundente sei costretto ad imbatterti ripetutamente in autori che, alla fine del ciclo scolastico, conosci meglio di tua sorella, anche solo per sentito dire.

Dante, Petrarca, Boccaccio, Manzoni, Verga, D'Annunzio. Alcuni nomi fra le dozzine che studiamo. E in mezzo a loro, proprio dopo che metti la testa fuori da un pensiero ossessivo per la Donna Angelo, ballate e sonetti, dopo il complesso quanto fugace studio di Alfieri, in linea di massima arriviamo a lui. Lo riconosciamo perchè ogni autore è caratterizzao da un colore lungo il bordo della pagina e il suo lascia intendere che le pagine siano molte. Apriamo la pagina dell'Autore ed ecco che c'è il solito ritratto, (meno affascinante se è il primo, più godibile se è il secondo) di questo giovane vent'enne la cui prima notizia che conosciamo è che aveva la gobba. Era storpio, bruttarello, triste, incazzato, ce l'aveva con 'sta Natura, era maliconico e, sicuramente, scriveva proprio tanto.
Inizia così il lungo, complesso e difficile rapporto con Giacomo Leopardi e non è da sottovalutare, perché nonostante nel percoso scolastico sia, come qualsiasi altro autore, solo qualcuno che deve essere studiato perché la proff. ti interroga dopo, ho visto nella sala cinematografica (o meglio nelle sale, avendolo visto due volte) un pubblico che abbracciava veramente ogni età.

Ed è stato quello il momento in cui ho capito che, nonostante Giacomino abbia regalato anche a noi uno Studio Matto e Disperato, ci ha lasciato anche un grande amore. Sì, perchè nonostante le lamentele di quando hai quattordici anni, o diciassette, su quanta roba abbia scritto, alla fine nessuno ha resistito alla tentazione di andare a dare uno sguardo a quello che c'era dietro quelle poche pagine del libro di testo.

Sul film, nessun commento anche solo lontanamente negativo. Ho trovate qualche recensione poco gradita per il web, e pur (non) rispettando ogni opinione, non riesco proprio a capire come si possa dire male di un film così. Il progetto è stato a dir poco ben riuscito: la vita di Leopardi narrata con semplicità tale da entrarti nelle ossa e pur saltando alcuni passaggi e fatti anche rilevanti nella sua vita, quello che è stato mostrato basta a farti ubriacare della sua poesia e della sua persona.



Ho portato mia sorella di quindici anni a vederlo e ne è rimasta soddisfatta: è bastata qualche scena per farle capire che dietro i testi che le fanno analizzare c'era soltanto un giovane che amava scrivere e amava la vita. Un genio di vent'anni che parlava sei lingue, aveva studiato gran parte della vastissima biblioteca del padre Monaldo e si interrogava sulla vita.

Giacomo Leopardi è uno dei poeti e scrittori che amo più di tutti, uno di quelli che ti lasciano dentro il cuore una tenerezza e un ardore che ti accompagna per tutta la vita.

Elio Germano è stato sublime, credibile anche nei vent'anni del Poeta: ho letto che una delle preoccupazioni era proprio il passaggio d'età, ipotizzando anche di cedere la parte di Leopardi da giovane ad un altro attore ma son ben lieta che alla fine Germano abbia avuto tutto il pacco.
Vederlo, ma soprattutto ascoltarlo, mentre recita le poesie è stata forse la cosa che più amo di questo film.



In sintesi più che una recensione è stato un momento di sfogo non del tutto lucido e molto sconnesso. Ma questo perchè pensando a Giacomo Leopardi mi si accende solo una grande e poco lucida sensazione di amore e la logica sparisce.

Credo che infondo sia per tutti così: è stato come riuscire a vedere la vita di un vecchio amico di penna, qualcuno di cui tutti sentiamo parlare ma che realmente non abbiamo mai potuto conoscere.




. XIII - LA SERA DEL DÌ DI FESTA .  

    Dolce e chiara è la notte e senza vento,
E queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
Posa la luna, e di lontan rivela
Serena ogni montagna. O donna mia,
Già tace ogni sentiero, e pei balconi
Rara traluce la notturna lampa:
Tu dormi, che t'accolse agevol sonno
Nelle tue chete stanze; e non ti morde
Cura nessuna; e già non sai nè pensi
Quanta piaga m'apristi in mezzo al petto.
Tu dormi: io questo ciel, che sì benigno
Appare in vista, a salutar m'affaccio,
E l'antica natura onnipossente,
Che mi fece all'affanno. A te la speme
Nego, mi disse, anche la speme; e d'altro
Non brillin gli occhi tuoi se non di pianto.
Questo dì fu solenne: or da' trastulli
Prendi riposo; e forse ti rimembra
In sogno a quanti oggi piacesti, e quanti
Piacquero a te: non io, non già, ch'io speri,
Al pensier ti ricorro. Intanto io chieggo
Quanto a viver mi resti, e qui per terra
Mi getto, e grido, e fremo. Oh giorni orrendi
In così verde etate! Ahi, per la via
Odo non lunge il solitario canto
Dell'artigian, che riede a tarda notte,
Dopo i sollazzi, al suo povero ostello;
E fieramente mi si stringe il core,
A pensar come tutto al mondo passa,
E quasi orma non lascia. Ecco è fuggito
Il dì festivo, ed al festivo il giorno
Volgar succede, e se ne porta il tempo
Ogni umano accidente. Or dov'è il suono
Di que' popoli antichi? or dov'è il grido
De' nostri avi famosi, e il grande impero
Di quella Roma, e l'armi, e il fragorio
Che n'andò per la terra e l'oceano?
Tutto è pace e silenzio, e tutto posa
Il mondo, e più di lor non si ragiona.
Nella mia prima età, quando s'aspetta
Bramosamente il dì festivo, or poscia
Ch'egli era spento, io doloroso, in veglia,
Premea le piume; ed alla tarda notte
Un canto che s'udia per li sentieri
Lontanando morire a poco a poco,
Già similmente mi stringeva il core.





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