mercoledì 21 maggio 2014

Elementary - recensione



Se avessi la capacità di cancellare dalla faccia della terra qualcuno mirerei al creatore di questa 
cosa  qui che mi vergogno anche solo a scrivere: 
E L E M E N T A R Y.

Credo di poter parlare a nome di tutti quelli che hanno anche solo una minima conoscenza del personaggio di Sherlock Holmes (lasciando poi perdere i malati che come me lo credono un Dio) quando dico che questa serie americana è spazzatura, Il Male puro, 'na cosa brutta brutta da cui i bambini devono stare alla larga.

Seriamente: prendere il personaggio per eccellenza della letteratura gialla, l'icona che ha fatto della criminologia un' arte (sì lo so, c'è Dupin di Poe prima, ma è una cosa lievemente diversa, una lunga storia) e trasformarlo in un tossico che cammina per le strade di NEW YORK? Certe cose non andrebbero neppure concepite, figuriamoci prodotte, girate e mandare in onda!

Correva l'anno 2012 quando il canale CBS ebbe un'idea a dir poco geniale grazie ad un ragionamento ponderato ed attento partito da una domanda elementare: i nostri cugini inglesi hanno creato una serie dove Sherlock Holmes è un giovane uomo che vive nel ventunesimo secolo, come possiamo noi competere? Facendo esattamente la stessa, identica, cosa: creando una serie dove Sherlock Holmes è un cittadino del ventunesimo secolo, solo che, udite, udite, rullo di tamburi, Sherlock migra dalla buon vecchia Inghilterra per approdare in America. Sarà mica perché è una serie americana? Bah.

Ho forse dei pregiudizi? Sì, e di certo la situazione non è migliorata quando ho scoperto che improvvisamente il buon vecchio John Watson, amico e collega del nostro maestoso detective di Baker Street (no, non più, a meno che non abbiano una strada omonima a NY....) si trasforma in Joan. Una donna. Una donna interpretata la Lucy Liu. Ovviamente il tutto è stato magicamente orchestrato per dare una speranza alle fangirl – generate dai film con Robert Downey Jr. e dalla serie inglese Sherlock – di un mondo in cui finalmente i due possano finalmente fare le zozzerie in santa pace, come se l'omosessualità fosse qualcosa che è meglio tenere dentro il cassetto. Se tutto questo derivi da un'incertezza dettata dai romanzi di Doyle che non ci ha mai lasciato intendere se i due fossero più che amici io questo proprio non lo so, però è certo che adesso avendo un personaggio maschile e uno femminile la carta su cui scrivono le sceneggiature risulta molto bianca.

A questo punto abbiamo quindi un cocainomane in più per le strade di NY a cui, a causa della sua dipendenza, viene imposta la presenza del chirurgo Waston. Entrambi con serie (e inspiegabili?) turbe mentali, i due si aiutano a vicenda a superare la giornata, collaborando con la polizia della Grande Mela a combattere un'orda di geni del male, che per qualche inspiegabile motivo hanno deciso di concentrarsi tutti in una città.

 Gran bella trovata, davvero originale. La cosa strabiliante è che semplicemente hanno sfruttato un'icona famosa per creare un poliziesco assolutamente banale che sembra l'incrocio fra Castle – divertente – e qualsiasi altra serie americana che vi viene in mente, magari The Mentalist (gran bella serie, dove il “mentalista” fa esattamente quello che Doyle faceva fare a Holmes: osservare e di conseguenza dedurre).

 Ho sentito il creatore della serie con le mie povere orecchie affermare che la cosa a cui teneva era l'aspetto della dipendenza da cocaina. Il nesso che lo abbia portato a scegliere un personaggio che usava cocaina e morfina per stimolare l'intelletto quando c'era sua Mestà la regina Vittoria che sedeva sul trono per me resta un mistero e avrei piacere che restasse tale.

Voglio dire, c'avevano pensato i creatori del grande Dottor House a rendere bene una dipendenza (e non per essere ridondante, ma chiunque vi direbbe che House è esattamente uno di quei personaggi liberamente ispirati a Sherlock Holmes, non è un mistero, è un dato di fatto) quindi mi chiedo: perché? Perché volete davvero farci male?

Sherlock Holmes è uno, se non Il, personaggio più interpretato sul grande e piccolo schermo: conta ben più di duecento pellicole e oltre settanta attori che lo hanno interpretato a partire dal 1900; ci sono poi non so quanti cartoni e anime ispirati a lui (e Basil l'Investigatopo è sicuramente più fedele al personaggio del detective rispetto a quello partorito in Elementary) e ha una serie di eredi come Gil Grissom di CSI, Gregory House (dove Wilson, il migliore amico, corrisponde a... Watson, bravissimi!) e Patrick Jane di The Mentalist, solo per citare i più famosi degli ultimi anni dell'universo strettamente televisivo.

Rifletterei poi sul titolo: Elementary. Proprio così: Elementare, proprio come dovrebbe essere sapere che questa è forse la battuta più abusata del pianeta, quando in tutto il Canone Holmes la pronuncia, se non sbaglio, due volte, forse tre, ma parliamo di quattro romanzi e cinquantasei racconti. 
Avevano evidentemente bisogno dell'espediente per rimarcare la presenza di Sherlock Holmes.

Questa volta trovo che abbiano davvero padellato tutto in pieno e su tutti i fronti: utilizzare il nome di un personaggio così conosciuto creando una serie che dovrebbe essere l'arcinemico dell'anglosassone Sherlock (prodotta dalla BBC) per poi mostrare al mondo qualcosa di così scontato e ridicolo è quanto meno da brividi. Non so perché possa piacere, è un insulto al personaggio di Sherlock Holmes, ma volendo anche lasciare da parte questo dettaglio sono convinta che non abbia niente che le altre settecento serie poliziesche non abbiano.


Scheda Tecnica

Titolo Originale: Elementary
Titolo Italiano: Elementary
Anno di Produzione: 2012
Prima Uscita: settembre 2012 sulla CBS
Prima Uscita in Italia: gennaio 2013 su Rai 2
Lingua Originale: inglese
Genere: poliziesco 
Durata Media ad Episodio: 43 minuti circa 
Ideatore: Rob Doherty




Stagioni Uscite: due

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